venerdì 8 aprile 2016

Maschere, abiti e immagine di sé (di Paolo Quazzolo)

Cari “Modulblokki”,
spero l’incontro “teatrale” di ieri sera sia stato per voi piacevole. Per me lo è stato moltissimo e vi ringrazio per l’attenzione e la partecipazione con cui l’avete seguito.
Mi farà piacere leggere le vostre riflessioni sul tema della maschera e della recita che ciascuno di noi “mette in scena” ogni giorno.
Un celebre proverbio dice che “l’abito non fa il monaco”: io, da teatrante quale un po’ sono, sostengo viceversa che l’abito fa, eccome, il monaco! Non nel senso che sia sufficiente indossare un abito per divenire ciò che quell’abito rappresenta, ma nella società dei nostri giorni, una società fortemente basata sull’immagine e sulla rappresentazione (spesso falsa) di sé, è sufficiente fingersi qualcuno per carpire la buonafede di chi ci sta di fronte.
Siete d’accordo oppure no?
Per il momento vi invio il link del “Berretto a sonagli” di cui vi ho mostrato ieri la scena finale: vi troverete la commedia intera. Se avete voglia, dateci un’occhiata e magari ne possiamo discutere in questo blog!
Paolo Quazzolo



4 commenti:

  1. Intanto un ringraziamento al relatore che ha saputo veramente in-trattenere il pubblico. La disposizione delle sedie, il linguaggio, l'argomento. Tutto ha creato un incontro emozionante. E come solo il teatro sa fare ha mosso gli spiriti 8almeno il mio). Bravo Paolo!

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  2. Abbiamo tante, troppe maschere. Ognuna adatta ad ogni occasione. Ma la vita ci costringe ad averne e a crearne di nuove. Verrebbe voglia di mettersi in piazza e toglierle una per volta, urlare, e liberare il nostro essere. Dimostrare a chi ci sta davanti cosa veramente pensiamo e chi siamo. Ma diventeremmo i "pazzi" e faremmo la fine dei giullari, bruciati nelle piazze medievali, solo perchè dicevano la verità.

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  3. Caro anonimo del 09/04/2016 cosa ci impedisce di togliere tutte le maschere e dimostrare chi siamo realmente, anche con il rischio d’ essere “singolari” rispetto alla massa? A forza d’ indossare tante maschere, non si rischia, forse, di perdere la propria identità essendo troppo coinvolti in quel intercalarsi nelle mille sfaccettature di chi vorremmo essere, o, di come gli altri vorrebbero che fossimo, ma che nella realtà non corrisponde alla nostra verità d’essere? Non è forse la peggiore prigionia d’ assenza di libertà e di purezza? “ Sì “ alle maschere per gioco, per rappresentazioni teatrali, per curiosità, ma non come strumento di costrizione e costruzione della propria vita.

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  4. Effettivamente, come Pirandello ci dimostra in "Come tu mi vuoi", assumere più identità può alla fine essere pericoloso. Non a caso l'Ignota, alla fine, decide di tornare a indossare la maschera più vera, abbandonando quella che forse le sarebbe stata più conveniente nella vita, ma anche più scomoda. Non è tuttavia facile, secondo me, rinunciare alla propria maschera. Mettersi a nudo vuol dire esporsi ai commenti (spesso crudeli) del nostro prossimo. Chi riesce a gettare la maschera lo fa con grande coraggio e, forse, perché non ha più nulla da perdere.
    A proposito: se desiderate leggere i testi di cui abbiamo parlato, vi lascio i link.
    Così è (se vi pare): http://www.liberliber.it/mediateca/libri/p/pirandello/cosi_e_se_vi_pare_1918/pdf/cosi_e_p.pdf

    Come tu mi vuoi: http://www.pirandelloweb.com/?page_id=4281

    Il berretto a sonagli: http://www.classicitaliani.it/pirandel/drammi/09_pira_berretto_a_sonagli.htm

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